Furono i Romani insediati, a partire dal 16 a.c., a Cividate Camuno che introdussero e diffusero la vite, che trovò in questa porzione della Valle, clima e suoli in grado di permettere produzioni di qualità. La vite in Valle fu poi soggetta a una grande diffusione nel basso Medioevo; numerosi documenti, spesso riferibili alla Mensa Vescovile di Brescia, attestano, infatti, la sua ampia diffusione nell’XI secolo era ampiamente diffusa dove la viticoltura si sviluppava lungo i terrazzamenti (ruc in dialetto camuno) e quasi ogni famiglia aveva una produzione propria.; la sua coltivazione continuò a prosperare dando eccellenti frutti tanto che a Gorzone, una frazione del comune di Darfo Boario Terme, nel corso del XVI secolo si produceva un rinomato passito a base di Moscadello – un vitigno oggi apparentemente estinto – a uso della Serenissima. Vennero poi la misteriosa epidemia del 1567 e, tra XIX e XX secolo, la fillossera e le malattie fungine che misero a dura prova la viticoltura camuna.
Il declino vero si ebbe, però, negli anni ‘60 dello scorso secolo con la fuga degli agricoltori verso le nuove fabbriche: in pochi anni si passò da circa 1.600ha vitati e ancora ricchi delle varietà tradizionali – Schiava, Marzemino, Ciliegiolo oltre ad antichi e quasi sconosciuti vitigni, quali Ciass Negher, Valcamonec, Gratù, Erbanno e Baldamina – agli attuali 300ha scarsi, in gran parte destinati alle varietà internazionali.
La superficie vitata tuttora presente in Vallecamonica risulta essere di circa 140 ettari, con circa 500 viticoltori che generalmente, nel dopolavoro o da pensionati, curano i propri preziosi vigneti.
I vitigni maggiormente presenti in Valle risultano essere soprattutto il Merlot ed il Marzemino, per i vitigni a bacca nera. Muller Thurgau, Incrocio Manzoni e Riesling Renano risultano essere invece i vitigni a bacca bianca più presenti. Vi sono inoltre vitigni autoctoni che purtroppo stanno scomparendo quali il Valcamonec, l’Erbanno ed il Sebina.